EVOLUZIONE SENZA SELEZIONE
Autoevoluzione di forma e funzione

di Antonio Lima-de-Faria
recensione di Mauro Quagliati



Introduzione all’edizione italiana dell’Autore, prefazione di Sergio Carrà, supervisione di Giuseppe Sermonti. A cura di Stefano Serafini.

456 pagg., 134 illustrazioni
ISBN 88-88251-05-07, 45,00 €
Nova Scripta, Genova, 2003

Ecco finalmente un libro da sbattere in faccia ai soliti sostenitori dell’insopportabile equazione anti-darwinismo = creazionismo. Questo testo è il frutto della lunga ricerca dello scienziato portoghese dell’Università di Lund (Svezia), universalmente riconosciuto come il pioniere e il maggior esponente della citogenetica e della biologia molecolare. Quando questo libro uscì nel 1988 il Professore Emerito con trentennale carriera alle spalle si trovò improvvisamente nel ruolo di eretico, per aver sostenuto che l’evoluzione biologica non procede per selezione naturale. Non perché questa non agisca in natura (ovviamente) ma perché un’ipotesi necessaria a coprire la reale ignoranza dei meccanismi evolutivi rimane, dopo 150 anni, il primo motore dello sviluppo biologico ed è diventata il maggiore ostacolo metodologico al riconoscimento di spiegazioni alternative. In questo studio ambizioso l’autore propone come modello una sorta di catena autoevolutiva che si sviluppa dalla dinamica materia-energia, influenzando le strutture morfologiche di tutti i regni naturali, fisico, chimico, minerale, biologico.

Quando inizierà il ripensamento generale del paradigma evolutivo se ogni autorevole voce avversa viene passata sotto silenzio, anche dopo un momentaneo polverone editoriale? La traduzione italiana, in particolare, arriva con “appena” 15 anni di ritardo, e si può solo ringraziare l’ottima opera di volontariato di Stefano Serafini, che ha portato avanti per anni questo progetto editoriale, constatando in prima persona l’aperta ostilità, al limite del sabotaggio, che si incontra in Italia a voler proporre una divulgazione scientifica non allineata a certi dettami. Il curatore dell’opera, epistemologo e attivo promulgatore di pensiero indipendente, non a caso è collaboratore del grande “eretico” Giuseppe Sermonti. Ma se nel caso dell’esimio professore di Roma l’ostracismo del pensiero accademico è valso insensate accuse di fondamentalismo religioso, nel volume di Lima-de-Faria la strada verso la “riconquista” della forma parte da un’impostazione prettamente materialista, lontanissima da ogni possibile suggestione trascendente.

Qual è dunque l’eresia dell’autore? La vediamo nelle centinaia di immagini che illustrano l’opera. La mentalità comune della biologia moderna distingue nei viventi le strutture omologhe, che hanno in comune la derivazione o la costituzione chimica, da quelle analoghe, che assolvono una stessa funzione pur non essendo geneticamente “parenti”. Lima-de-Faria confronta un’ala di pipistrello con quella di un uccello, la simmetria della stella marina con quella di un minerale, la rete dei capillari sanguigni con il delta di un fiume: egli rifiuta di considerarle delle semplici analogie casuali, ma le tratta tutte come delle omologie morfo-funzionali.

Nel mondo darwiniano la forma non è mai definitiva, ogni arto, organo, apparato è “malleabile”: se l’opportunismo della sopravvivenza e le pressioni ambientali lo richiedono esso è capace di trasformarsi, di generazione in generazione, in qualcos’altro, attraversando infiniti stati intermedi, con diverse funzioni e forme. Nella nuova ottica invece forma e funzione sorgono all’unisono perfettamente interdipendenti, per cui un rettile (il pterodattilo), un uccello, un mammifero (pipistrello), un insetto, o addirittura un pesce volante sono morfologicamente “parenti” fra di loro, come se obbedissero ad una legge periodica che regola l’apparire della funzione del volo, a intervalli di decine di milioni di anni.

In questa visione in cui i regni naturali sono fra di loro collegati da un ordine armonico e ciclico, spesso la ragione materiale della particolare forma la si trova nei regni inferiori: il livello autoevolutivo del vivente dipende da quello minerale, che a sua volta deriva da quello chimico, che ha le sue radici in quello fisico. Salta così anche la distinzione tra regno vivente e non vivente, e al gene non rimane che un ruolo secondario. Geni e cromosomi non “creano” la forma e la funzione, ma le influenzano, fissando particolari condizioni da un numero limitato di combinazioni possibili, predefinite dalla cascata autoevolutiva. Lima-de-Faria è più colpito dalla finitezza dei costituenti di base delle forme (gli elementi chimici organici, gli schemi dei cristalli, i tipi di cellule) piuttosto che dalla loro presunta caoticità sfrenata.

Ciò che scandalizza maggiormente la massa dei cattedratici nati e cresciuti nella culla del classico paradigma neo-darwiniano, è che la critica verso la decantata onnipotenza del gene, venga da uno scienziato che ha passato decenni a studiare i segreti della struttura e del funzionamento del DNA.

La sfida lanciata da quest’opera quasi sistematica di sintesi comparativa tra legame chimico, cristallo, pianta, animale è forse troppo precoce nel panorama di completo appiattimento delle opinioni scientifiche in materia. Come affermava 50 anni fa un botanico svedese (Nils Heribert-Nilsson):“La teoria evoluzionistica dovrebbe essere interamente abbandonata, essa è un serio ostacolo alla ricerca biologica. Impedisce l’ottenimento di risultati consistenti, anche da materiale sperimentale uniforme, dato che tutto deve in definitiva essere forzato ad adattarsi a questa teoria speculativa. Una biologia esatta non può essere costruita”.

Speriamo che un giorno questo testo diventi il primo mattone del nuovo edificio della scienza più bella e ricca di mistero.
 
 


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