Raccolta di lettere
Questa pagina contiene una raccolta di parte delle lettere scritte a riviste e trasmissioni televisive, in cui sono presenti idee, consigli, critiche. Alcune lettere sono state pubblicate su riviste come Nexus e Oltre la conoscenza. Abbiamo pensato di metterle in rete per poterne permettere la lettura a chi, come noi, ha deciso di far sentire la propria voce. Tutte le lettere sono state scritte da Mauro Quagliati.
LETTERA A OLTRE LA CONOSCENZA -16/10/1996
Gentile sig.Alfredo Lissoni,
ero già un assiduo lettore delle riviste
del CUN (UFO e Alieni) e del mitico NEXUS, quando, all’inizio di ottobre,
per caso, ho trovato in edicola il n°5 di Oltre la conoscenza,
che mi ha piacevolmente colpito per l’impostazione e la varietà
degli argomenti trattati, tra cui la paleoastronautica (o archeologia spaziale),
che maggiormente attrae la mia attenzione.
A questo riguardo, l’articolo di Laura Pisani
sugli alieni nell’antico Egitto mi ha sconcertato, fornendo ulteriore supporto
alla mia convinzione che l’insabbiamento governativo della realtà
UFO si estenda necessariamente all’occultamento di reperti archeologici
rivoluzionari che, peraltro, renderebbero necessaria la revisione globale
dei concetti tradizionali riguardanti la preistoria e le civiltà
antiche (note e non). Nonostante mi ritenessi un buon conoscitore della
materia, non avevo mai sentito parlare della mummia aliena di Howard Carter
o degli incredibili crani di Shapiro: potreste darmi informazioni sul lavoro
di quest’ultimo? Dove sono custoditi i crani? Quanto materiale del genere
si trova negli scantinati dei musei (o addirittura nei sotterranei del
Pentagono)?
La ricerca in questo campo continua, e non
bisogna rimanere fermi a Kolosimo e Von Daniken a cui va comunque il merito
di aver dato uno scrollone senza precedenti al sistema di conoscenze dell’archeologia
"ufficiale", rimasta ferma al secolo scorso. Il paleoantropologo Michael
Cremo ha realizzato con Forbidden Archeology (1993) una raccolta
fondamentale di OOPART ritrovati dall’800 ad oggi, dimostrando, fra l’altro,
che l’Homo Sapiens esiste sulla terra da diversi milioni di anni, e non
proviene affatto dalla linea evolutiva Australopitecus-Homo Abilis-Homo
Erectus, come vorrebbero farci credere i neo-darwinisti.
Gli studiosi John West, Graham
Hancock, Robert Bauval hanno recentemente evidenziato
l’origine remota della civiltà egizia e delle sue controverse conoscenze
scientifiche (The Orion Mistery-1994, Fingerprints of the Gods-1995),
da far risalire all’epoca della costruzione della sfinge, il celeberrimo
monumento che i geologi hanno dimostrato essere di millenni più
antico delle costruzioni circostanti. Si tratterebbe dell’era del Leone,
in un periodo che si colloca attorno al 10500 a.C., data che costituisce
l’inizio del calendario egizio, quando la posizione delle tre piramidi
di Giza meglio riflette quella della costellazione di Orione. Per questo
non deve stupire l’affermazione di Manetone che pone nel 9013 a.C.(data
curiosamente precisa) l’inizio delle presunte visite extraterrestri.
A proposito, invece, dell’articolo di Remo
Guazzotti, dovremmo analizzare con più attenzione le fantasticherie
deliranti degli affiliati al neo-nazismo esoterico, poichè sono
la versione trasfigurata di fatti realmente accaduti durante il periodo
nazista e la II Guerra Mondiale. In un libro edito nel 1994, Man-Made
Ufos,1944-1994,50 Years of Suppression, Renato Vesco e D.H.Childress
(autore di Extraterrestrial Archeology e della serie Lost Cities)
ripercorrono, attraverso disegni e fotografie, la storia delle tecnologie
soppresse e del livello raggiunto dai tedeschi nel campo dell’astronautica
e della propulsione anti-gravitazionale. Gli indizi di questi fatti si
trovano tra le incredibili invenzioni di Nikola Tesla dell’inizio del secolo,
nel lavoro dell’ing. italiano Augusto Rota, degli anni ‘20, che faceva
volare oggetti sigariformi per mezzo di propulsione elettromagnetica (esposto
a MIXER su RAIDUE l’anno scorso), nelle documentazioni dell’utilizzo di
dischi volanti contro gli aerei USA in Europa durante la guerra, negli
accordi occulti tra i servizi segreti americani e tedeschi per lo sviluppo
di questa tecnologia già acquisita. Perchè non provare a
contattare la redazione di FORMAT a RAITRE? Potrebbe essere l’occasione
per coinvolgere il vasto pubblico su questi temi così poco conosciuti
(perchè insabbiati), approfittando della sintonia con TOP SECRET,
trasmissione dedicata ai misteri della storia.
Auspicando una sempre maggiore collaborazione
tra le diverse riviste del settore, mi chiedo se tramite la vostra biblioteca
non sia possibile in futuro ordinare alcuni libri oggi introvabili sul
mercato, come quelli recensiti su NEXUS, alcuni non ancora tradotti in
italiano, altri non più pubblicati. Tra questi, oltre ai titoli
sopracitati vorrei segnalare: 2000 a.C.: distruzione atomica di
David
Davenport ed Ettore Vincenti, edito nel 1979 dalla SugarCo,
uno studio affascinante dei resti dell’antichissima città pakistana
di Mohenjo-Daro.
Le porgo i più cordiali saluti e la ringrazio per l’attenzione.
LETTERA A FOCUS
Gentile
redazione,
come lettori occasionali
di Focus, siamo rimasti sconcertati dalla sicurezza con cui avete liquidato
il cosiddetto ‘falso mistero’ dei cerchi nel grano, sul n°55. Dopo
l’ammissione dei due simpatici artisti, ci si è completamente dimenticati
delle decine di simboli geometrici che hanno continuato a comparire fino
ad oggi (dal ‘78 al ‘95) sui campi di tutto il mondo (non solo quelli inglesi). Si
fatica a credere che figure dalla geometria così elaborata (ricordiamo
un diagramma frattale di Mandelbrot, non riportato nella fotocopia allegata),
possano essere realizzate da un gruppo di burloni, muniti di spago e assi
di legno, all’opera in una sola notte. Numerose testimonianze confermano
la comparsa improvvisa dei cerchi che non erano presenti anche solo un’ora
prima, come il caso dello scorso giugno, rilevato nel Wiltshire: una formazione
di circa 150 cerchi. Come spiegare la tecnica di abbattimento delle spighe
a spirale, che spesso risultano piegate anche sottoterra? L’irraggiamento
da microonde a cui è soggetta la zona interessata? E le alterazioni
fisiche e chimiche delle piante? Queste, osservate in seguito all’appiattimento,
crescono in direzione orizzontale prima di riprendere il normale assetto
verticale. Molti degli ideogrammi più complessi sono simboli sumeri,
altri sono stati identificati dagli indiani Sioux del Dakota come caratteri
della loro scrittura sacra, ed esistono documenti storici che registrano
la ricorrenza dei disegni sui campi in epoca medievale (attribuiti al ‘diavolo
mietitore’).
Ogni volta che si tratta
l’argomento UFO, i dati vengono filtrati e rimaneggiati, e quindi viene
data in pasto al vasto pubblico una storiella di copertura che faccia rientrare
il caso nell’ambito del convenzionale. Anche voi, involontariamente, avete
contribuito alla campagna di disinformazione, attingendo ad una fonte quanto
mai parziale e sbrigativa. I fenomeni UFO costituiscono una realtà
sperimentale rilevabile da filmati e fotografie, rapporti militari, da
interazioni con il suolo e con le persone, relegata al di fuori della legittimità
scientifica da necessità di sicurezza nazionale. Ci sono persone
che tentano di studiare questi fenomeni con metodo scientifico (in Italia
lo fa il CUN), in alternativa all’approccio dogmatico tradizionale, che
esclude a priori la loro esistenza, poichè estranei agli schemi
di pensiero acquisiti.
A proposito, se vi
sembra convincente la spiegazione per il trasporto di blocchi da 60 tonnellate
per la costruzione della grande piramide, cerchiamone una anche per i pezzi
da 200-300 t mobilitati dagli Incas, o da 900 t trovati a Balbeek in Libano
(piattaforma del tempio di Giove). Per paragone si ricordi che la capacità
massima delle gru del porto di Genova è attorno alle 60 t.
Cordialmente.
LETTERA A FOCUS
Gentile redazione,
è la seconda
volta che scrivo in relazione ad un trafiletto apparso sulla vostra rivista.
Infatti, qualche mese fa, vi mandai alcune osservazioni in merito al mistero
dei cerchi nel grano del N°55. In seguito, ho notato con piacere che
avete dato spazio ad una lettera di protesta dai contenuti equivalenti
alla mia.
Questa volta vorrei
parlare della teoria dell’evoluzione dell’uomo. Sfogliando i numeri arretrati,
ho letto sul N°52, nell’Almanacco della scienza 1996, un breve richiamo
alla linea genealogica del genere Homo e alla scoperta della mandibola
di Hadar in Etiopia. E’ noto che, periodicamente, gli antropologi e gli
archeologi dibattono animatamente nel ricomporre i pezzi sparsi di ominidi
fossili di varie epoche, per trovare i numerosi anelli mancanti del cammino
evolutivo dell’uomo.
Recentemente, il quadro
sempre più confuso del nostro passato è stato chiarito da
un’opera che non riceverà l’attenzione di alcun paleoantropologo
ufficiale, né sarà recensita da riviste scientifiche del
settore. Si tratta di Archeologia Proibita: la storia segreta della
razza umana, degli statunitensi Michael A. Cremo e Richard
L. Thompson (l’opera originale è un trattato di 900 pagine,
ultimato nel 1994 e dedicato agli addetti ai lavori; successivamente è
uscita una versione ridotta rivolta al vasto pubblico, pubblicata quest’anno
dal Gruppo Editoriale Futura). Dopo otto anni di ricerca nella letteratura
scientifica dell’ultimo secolo e mezzo, M.Cremo dimostra che la teoria
dell’evoluzione dell’Homo Sapiens (comparso negli ultimi 300.000 anni)
a partire da ominidi scimmieschi africani di 4 milioni di anni fa è
del tutto infondata. Al contrario, decine di reperti in tutti i continenti
testimoniano la presenza di uomini anatomicamente moderni in ere di molto
antecedenti al Pliocene, cioè da circa 2 milioni di anni fa fino
a 50 milioni di anni fa.
Tali scoperte avvennero
con particolare frequenza nella seconda metà dell’800, in ogni parte
del mondo, da parte di numerosi scienziati dell’epoca, aspramente criticati
per l’incapacità della casta scientifica dominante di accettare
la reale antichità della razza umana. I rapporti riferivano di utensili
di varia fattura, tracce dell’uso del fuoco, scheletri di Homo Sapiens
ritrovati in località della Francia, dell’Inghilterra, dell’Italia,
delle Americhe, in posizioni stratigrafiche antichissime, accuratamente
documentate dai geologi. Tra i sostenitori delle teorie "eretiche" troviamo
addirittura l’evoluzionista Alfred R. Wallace e il celebre Louis Leaky
(che in seguito cambiò idea per motivi di finanziamento alle sue
ricerche).
La convinzione
dogmatica che l’uomo si fosse sviluppato soltanto nel Pleistocene (negli
ultimi 2 milioni di anni) era già popolare nel secolo scorso, nel
clima di entusiasmo suscitato dalla nuova teoria dell’evoluzione di Darwin.
Poi, alla fine dell’800 e all’inizio del 900, con la scoperta dell’Homo
Erectus a Giava e nell’estremo oriente, si decise arbitrariamente che
la linea del genere Homo era iniziata 1,5 milioni di anni fa. Oggi,
questo concetto è talmente radicato che non può più
essere criticato. Negli ultimi 150 anni, scoperte "anomale" che contraddicevano
la cronologia ufficiale sono state violentemente attaccate e respinte dalla
comunità scientifica: si mette in dubbio la reale posizione stratigrafica
dei reperti, non vengono riconosciute le caratteristiche anatomiche, si
insinuano dei sospetti sulla serietà dei ricercatori coinvolti,
fino al loro licenziamento o diffamazione.
Al contrario i reperti
accolti come ufficiali sono stati spesso disseppelliti in superficie, in
condizioni poco chiare, componendo arbitrariamente dei pezzi anche appartenenti
a specie diverse. Questo è successo con l’Uomo di Giava,
con l’Homo Abilis (che è una pura invenzione degli antropologi)
e con il nostro presunto antenato più antico, l’Australopitecus,
i cui vari rami sono talmente confusi da non sapere più chi discende
da chi. La mitica Lucy era poco più che una scimmia antropomorfa,
che per la struttura ossea e l’alluce opponibile era adatta alla vita sugli
alberi, e non alla stazione eretta. Non furono certo esemplari della sua
specie, Australopitecus Afarensis, a lasciare le famose impronte
di Laetoli in Tanzania che sono indistinguibili dall’orma di un piede umano
odierno e risalgono a 3,6 milioni di anni fa.
Il libro di M.Cremo
contiene tutte le referenze bibliografiche necessarie a ricostruire la
vera storia occultata dell’umanità, e ritengo che, in un qualche
futuro, diventerà il punto di partenza per una radicale rivoluzione
archeologica.
Cortesemente.
LETTERA ALLA TRASMISSIONE MISTERI -15/04/1997
Sono uno studente appassionato di paleoastronautica,
ed ho seguito con interesse le vostre trasmissioni dedicate ai misteri
dell’archelogia egizia. Sarebbe forse opportuno incentrare maggiore attenzione
sui reperti, le prove tanto invocate dal signor Zahi Hawass, il cui atteggiamento
di chiusura mentale è certamente dettato da motivi di prestigio
personale. Vi ricordo che l’unico documento scritto che lega la Grande
Piramide al nome di Cheope è una scarna iscrizione (simile a quelle
da voi mostrate in anteprima il 14 Aprile), scoperta nel secolo scorso,
di dubbia autenticità: presentava un errore di ortografia nei geroglifici
(fonte Colin Wilson , ‘Da Atlantide alla Sfinge’).
I vasi di Naquada (citati solo di sfuggita
nel filmato, risalenti al IV millennio a.C.), modellati nella diorite,
asportando la pietra attraverso il collo strettissimo, sono il prodotto
di una tecnologia sconcertante, che supera quella attuale. Non esiste alcuna
spiegazione ‘convenzionale’ di fronte a questi reperti che, da soli, basterebbero
a confutare la ricostruzione ufficiale della nostra preistoria, se
il metodo scientifico fosse applicato rigorosamente anche in archeologia.
Invece in questo campo, da circa un secolo, le prove sfavorevoli alle idee
dominanti vengono semplicemente dimenticate.
Vorrei segnalarvi la voluminosa opera di
Michael
A.Cremo e Richard L.Thompson, ‘Forbidden Archeology,The
Hidden History of the Human Race’ (Govardhan Hill Publishing, 1995),
in cui si dimostra, attraverso una serie di reperti scomodi, che la paleoantropologia
è stata soggetta ad un filtro culturale, che impone di scartare
le ‘anomalie’. Infatti, le testimonianze dell’Homo Sapiens moderno risalgono
ad ere geologiche antichissime (decine di milioni di anni), un concetto
inconcepibile per l’archeologia ufficiale, che non accetta le ovvie conseguenze:
dovere abbandonare un’ipotesi di lavoro errata.
Una personalità del genere potrebbe
essere un ospite eccezionale per la vostra trasmissione, contattabile attraverso
il:
Bhaktivedanta Institute
P.O. Box 1920
Alachua, Florida 32615-1920
(904) 462-0466 / fax (904) 462-0463
Perchè non fate vedere, in qualche
puntata, le foto delle piramidi e della faccia scolpita di Marte, evidenti
opere artificiali? Sarà senz’altro divertente sentire il parere
dell’insopportabile Margherita Hack.
Cordialmente.
LETTERA ALLA TRASMISSIONE MAURIZIO COSTANZO SHOW - 09/11/2000
Spettabile redazione del Maurizio Costanzo
Show,
lo spettacolo indegno della puntata di ieri
sera (08/11/2000) mi fa sorgere spontaneamente alcune domande.
1) Il moderatore del talk-show è Giorgio
Panariello?
2) E' possibile che gli invitati della fazione
non ortodossa siano quasi sempre emotivamente instabili?
3) Come ha fatto Alfredo Lissoni (esperto
in materia) ad assistere impassibile a quello squallido teatrino senza
intervenire quasi mai, anzi perchè non era sul palco?
Non comprendo quale dovrebbe essere lo scopo di uno pseudo-dibattito come quello, condito dalle continue battute di Panariello, dai sorrisini saccenti dell'onniscente Mario Tozzi, e infine dalle risatine dello stesso Costanzo che si diverte a ironizzare sui buffi nomi della letteratuta vedica indiana "Mahabahrata" (ah! ah! che ridere). Credo che sia facile infierire su un anziano signore che non riesce nemmeno ad articolare delle frasi connesse in italiano.
Ora vorrei soltanto esprimere alcuni semplici concetti che qualcuno avrebbe dovuto spiegare ieri sera a Tozzi (forse quel qualcuno doveva essere Lissoni):
Il Mito del Diluvio Universale (raccontato con le medesime vicende) è comune a quasi tutte le antiche tradizioni orali dell'umanità, distanti migliaia di km tra di loro, quindi non solo nell'area mediorientale: precolombiani, indiani, hawaiani, Pasquani, Maori, Esquimesi, pellirossa americani, ecc. E' evidente che ci sono solo 2 possibilità:
1) un evento catastrofico ha interessato tutta la Terra in un certo momento del passato (anche se è ovvio che l'oceano non può aver coperto tutte le terre continentali): la moltitudine di Mammuth siberiani congelati in poche ore è un esempio di rivolgimenti climatici improvvisi;
2) un evento locale è stato vissuto da una civiltà scomparsa che ha in seguito colonizzato (o semplicemente è entrata in contatto con) tutte le altre culture del pianeta che mantengono quel ricordo. Quindi il discorso sulla sommersione del Mar Nero è solo un'interpretazione parziale dell'intera storia. Come mai i popoli agli antipodi del pianeta conoscono le stesse vicende?
E' ora di finirla con i soliti risolini non
appena si tocca il problema della costruzione delle Piramidi (o di qualche
altro monumento megalitico): non mi risulta che alcun archeologo sia riuscito
a spostare e sollevare (nonchè posizionare) un masso di 300 tonnellate
usando solo manodopera e fatica. La storia che basta avere abbastanza manodopera
e abbastanza tempo per fare quello che si vuole è una balla! Se
Cheope avesse avuto a disposizione 10 milioni di operai avrebbe riunito
i continenti nella Pangea tirando con grandi funi? Se 10 persone trascinano
a fatica un blocco da 1 tonnellata, 1000 persone non riusciranno a fare
altrettanto con un blocco da 100 t, e 10000 persone senz'altro non sarebbero
riuscite a spostare il blocco da 1050 t che giace ancora oggi inutilizzato
ma pronto per la messa in opera in una cava nei pressi di Baalbek (è
esilarante anche questo nome?) in Libano. Le opere del passato non sono
il prodotto del numero ma di tecnologia incomprensibile. Quanti anni impiegava
un operaio egizio a levigare e squadrare il suo bel masso di granito con
il suo scalpello di rame? E come si concilia questo con il ritmo di costruzione
della Grande Piramide: 2,5 milioni di blocchi in 20 anni = 1 blocco posato
ogni 2 minuti!!
Nel poema che fa tanto ridere Costanzo si
racconta (come stava tentando di spiegare il malcapitato ospite) di armi
sconcertanti degli Dei Indù che tanto somigliano a quelle atomiche.
Sicuramente il buon geologo non saprà che una città
del Pakistan, Mohenjo-Daro, è stata sottoposta a temperature superiori
ai 1500°C necessari per la vetrificazione delle rocce. Ironia della
sorte le analisi in merito sono state fatte dal CNR negli anni '70, sul
materiale fornito dal giornalista David Davenport.
Infine è un peccato che nessuno abbia
fatto vedere le foto marziane, non della faccia, ma delle strutture poco
distanti, sulla pianura di Cydonia, che proiettano delle ombre con uno
spigolo triangolare identico a quello delle piramidi di Giza fotografate
dall'alto.
Ringraziando per l'attenzione, in fede,
Spettabile redazione,
se mi trovassi di fronte Zahi Hawass gli
porrei senz'altro le seguenti domande (in ordine di importanza):
1. Lei si è fatto un'idea degli
strumenti utilizzati dagli antichi Egizi per tagliare e levigare il granito
e la diorite? Come hanno potuto scolpire le rocce ignee più
dure esistenti in natura con gli utensili di rame e di legno che vediamo
esposti nei Musei (ad es. a Torino)? Per squadrare un masso e realizzare
degli spigoli rettilinei della lunghezzadi metri ci vuole una sega abbastanza
lunga e fatta di un materiale più duro della pietra in questione,
oppure un piano di lavorazione simile ad un tornio. Alcuni manufatti clamorosi
avevano sconcertato Flinders Petrie, il celebre egittologo inglese: le
parti cave delle rocce lavorate (es: sarcofago di Cheope) sono state ottenute
con un trapano rotante, un cilindro perforatore che doveva esercitare delle
pressioni incompatibili con il funzionamento manuale. Ci sono dei vasi
in diorite (Naqada) chiaramente lavorati al tornio, per simmetria e sfericità;
alcune coppelle hanno delle incisioni nettissime spesse 0,1 mm circa; altre
anfore hanno dei lunghi colli sottili (per cui la pietra è stata
tolta attraverso un passaggio sottilissimo in modo inspiegabile). Christopher
Dunn ha analizzato al microscopio alcuni oggetti ed ha riscontrato: superfici
lisce al 1/50 di mm, "carote" di trivellazione prodotte con strumenti di
taglio più potenti di quelli utilizzati dall'industria estrattiva
odierna (2,5 mm di taglio ad ogni giro del trapano). Lei conosce questi
manufatti? Come si spiega tutto ciò? Dove sono gli strumenti che
hanno prodotto quei risultati? In questi casi anche un tempo infinito e
una manodopera enorme non sono assolutamente sufficienti.
2. Lei è mai riuscito a spostare
e sollevare un blocco di 60 tonnellate a 100 m di altezza trainandolo su
per una rampa? Ci piacerebbe vedere i risultati delle simulazioni degli
egittologi. Quante persone servono per trascinare un masso di 1 t? E quante
per uno di 50 t? Calcoli approssimativi e conservativi indicano che circa
un migliaio di persone potrebbero tirare un blocco di 70 t (come quelli
nella camera del Re) su una rampa con una pendenza di 3°- 5°, vincendo
a fatica l'enorme forza di attrito della slitta di traino sulla rampa.
E se anche risolvessimo il problema dell'attrito questi massi diventerebbero
pericolosissimi per il facile scivolamento. Come facevano tutte queste
persone ad avventurarsi su per la stretta rampa avvolgente (la teoria preferita
da Hawass) e a girare ad angolo retto attorno agli spigoli della Piramide?
Sono stati eseguiti dei calcoli per la stabilità di questa rampa
fatta di mattoni crudi (come si ipotizza), abbarbicata sulle facce della
Piramide?
3. Lei conosce la Stele dell'Inventario?
E' una copia posteriore di un originale eretto da Cheope per commemorare
i suoi restauri al Tempio di Iside: egli sostiene che molto tempo prima
del suo regno, esisteva già la Casa della Sfinge accanto alla
Casa di Iside, Padrona della Piramide (presumibilmente la Grande),
e che fece costruire la propria piramide e quella della figlia Henutsen,
ai piedi di quella di Iside. Quindi le piccole piramidi sarebbero quelle
della IV dinastia, mentre quelle grandi e la Sfinge c'erano già
da molto tempo. E' vero tutto ciò? Ed è vero che gli egittologi
hanno ritenuto questo documento come un pezzo di fiction della XXI dinastia
anzichè un testimonianza storica?
Ritengo questi argomenti essenziali, poichè Zahi Hawass non ha mai risposto a tono su nessuno di questi punti "caldi". Una volta ha detto che nelle cave i massi venivano separati con il metodo del cuneo di legno rigonfiante (ma è la solita storia che ripetono tutti e non è pertinente alla domanda 1). In un'altra occasione l'ho sentito affermare che gli Egizi usavano il cervello e non la forza per costruire le Piramidi. Si, ma come per piacere? Forse intendeva dire che gli operai portavano le pietre sulla testa. E il terzo punto, di cui parla Colin WIlson nel suo Da Atlantide alla Sfinge, non è mai stato trattato a Stargate.
Cordialmente
Spettabile redazione di Stargate,
Vorrei fare un'osservazione urgente sul problema
delle PIETRE DI ICA. Indipendentemente dall'esito degli esami del
prof. Vedruccio, credo sia necessario ricordare le altre evidenze di una
presenza umana nell'ERA MESOZOICA. Ci sono le impronte fossili del Paluxe
River del Texas con zampe di dinosauri e di piedi umanoidi impresse sulla
stessa roccia. E soprattutto ci sono le prove documentate in ARCHEOLOGIA
PROIBITA di Michael Cremo che parlano di un'antichità
estrema per la comparsa della specie Homo Sapiens sulla Terra. E se questo
è del tutto in contrasto con ciò che noi sappiamo sull'evoluzione
delle specie e dell'uomo in particolare, beh, forse sarebbe l'ora di dare
voce anche agli studiosi che criticano aspramente il modello standard post-darwiniano,
che presenta dei difetti e delle incongruenze palesi (vedi Roberto Fondi
geologo, Giuseppe Sermonti genetista).
Sulla puntata di stasera dal Museo di Torino:
Zahi Hawass dice testualmente :"come si può
credere che la principessa, la figlia di Cheope si prostituisse per aiutare
la costruzione della Piramide?". Spiega poi che Erodoto fosse un turista
a cui era stato riferito un gossip privo di fondamento. E lo credo bene!
E' una storiella ridicola.
Bene, io dico:"come si può credere
che la Grande Piramide sia stata costruita in 20 anni, durante i mesi estivi,
dai contadini presi dai campi?". Analogamente è facile mettere in
dubbio l'attribuzione stessa delle opere della piana di Giza alla IV dinastia.
Ricorderei a questo proposito la STELE
DELL'INVENTARIO che invece afferma proprio che la Sfinge e la Piramide
erano preesistenti a Cheope.
Ora, a me interessa di più capire il COME furono realizzate le piramidi, rispetto all'identità dei loro costruttori. Hawass sostiene che erano sicuramente Egiziani e ,per tranquillizzarlo, concediamogli che sia così. Ma vorrei sapere, quali Egiziani nella storia usavano trapani e torni meccanici per lavorare il GRANITO e la DIORITE? Infatti è questo che ha scoperto Christopher Dunn, ormai molti anni fa. Le prove di ciò sono solide e inconfutabili come la pietra su cui sono scolpite.
Devo constatare, con un certo rammarico, che
dopo 4 anni di passaggi del prof. Hawass nella TV italiana nessuno è
ancora riuscito a chiedergli le 2 cose più ovvie: come si sollevano
e come si tagliano quei blocchi? Il prof. Hawass ha detto stasera che la
maggior parte dei blocchi delle Piramidi pesano circa 1/2 tonnellata.
STIAMO SCHERZANDO O C'E' STATO UN ERRORE
DI TRADUZIONE?
Mi dispiace per il signor Giacobbo, ma il
responsabile di Giza ha voglia di prenderci in giro. Basta guardare le
foto dei turisti a fianco dei gradini delle piramidi: un misero blocco
di 1mc di calcare o di granito pesa già 2,7 TONNELLATE. Non
solo, ha detto che pochi massi superano la tonnellata e arrivano a 9
metri di lunghezza. Mi piacerebbe sapere quali ingegneri consulta il
prof. Hawass dato che una colonna di 9x1x1 metri pesa 25 t. In realtà
tutti sanno che nella camera del Re i blocchi arrivano a 60 - 70 t.
Zahi Hawass ha bluffato clamorosamente e nessuno ha detto niente!
Si potrebbe avere un indirizzo e-mail di Zahi Hawass, per rivolgergli direttamente queste domande? Anche se credo che lui non abbia alcun tipo di risposta soddisfacente.
Cordiali saluti e auguri per la prossima stagione,
All'attenzione di: Marco Casareto, Sergio De Santis, Paolo Toselli
Spettabili redattori e collaboratori di Focus Extra,
sono un collaboratore della rivista Nexus ed ho appena finito di leggere alcuni articoli del N°4 dedicato ai grandi misteri. Ho apprezzato un generale atteggiamento di apertura mentale nei confronti di fenomeni non ancora chiariti dalla scienza, tuttavia mi preme sottolineare che, a mio parere, alcuni anacronismi storico-archeologici sono stati ridimensionati con troppa fretta e non sono stati citati diversi reperti di capitale importanza nel dibattito sulle civiltà scomparse. Due anni fa ho avuto un vivace scambio epistolare con la redazione, del quale spero Marco Casareto si ricordi. Ora ho pensato di scrivervi in quanto, nonostante sia in corso una vostra collaborazione con Stargate, mi sembra che su certi argomenti "classici" dell'archeologia non-ortodossa non ci sia stata la sinergia di cui ha parlato Roberto Giacobbo. Molti temi da voi affrontati in poche righe, ad esempio, sono stati trattati con estremo dettaglio e serietà dalla rivista Hera, anch'essa tra i collaboratori di Stargate.
Premetto di essere perfettamente d'accordo con De Santis e Casareto quando affermano che alcuni reperti controversi ci parlano del livello tecnologico ancora sconosciuto delle antiche civiltà terrestri, piuttosto che rivelare contatti con extraterrestri. Anzi, l'anno scorso proprio il signor De Santis aveva risposto pacatamente ad una mia lettera molto polemica rivolta al CICAP, in cui io già concordavo sull'infondatezza delle tesi del primo Von Daniken, sebbene lui stesso avesse fatto tardivamente ammenda.
A costo di risultare pedante e noioso, vorrei ora fare un elenco delle cose che non tornano o che mancano nella vostra disamina dei misteri:
1. Il Geode di Coso: non ho elementi precisi per giudicare le conclusioni di Stromberg e Heinrich, anzi per questo vi sarei molto grato se poteste indicarmi la fonte di questa notizia, in cui spero ci siano nuovi dati sull'oggetto, oltre a quelli menzionati sui libri di Kolosimo o Pinotti (Angeli, dei , astronavi.). Dato che l'ipotesi della candela non è nuova e risale a poco dopo l'epoca della scoperta negli anni '60, mi sembra curioso che ora improvvisamente ci sia questa rivelazione decisa, di cui non si è avuta alcuna notizia sulle testate "alternative". Giudicando dalle modalità del ritrovamento (su un monte a 1300 m di quota) e dalle tracce fossili (inclusioni di selci e conchiglie nella crosta dell'oggetto) rimango scettico su questa spiegazione ma, naturalmente potrei sbagliarmi, non conoscendo nuovi dati sulla questione.
2. Le cosiddette Nanomacchine della Russia: oggetti inusuali, per lo più a forma di spirale, trovati negli anni 1991-1993 sul fiume Narada, sul versante est dei monti Urali. Le loro dimensioni variano da un massimo di 3 cm fino ad un incredibile 0.003 mm. I più grandi sono fatti di rame, mentre quelli microscopici sono di tungsteno e molibdeno. Misure esatte di questi oggetti hanno mostrato che le dimensioni delle spirali presentano il cosiddetto Rapporto Aureo. Tutti i test eseguiti per datare questi oggetti danno loro un'età tra 20.000 e 300.000 anni, a seconda della profondità e della situazione del sito. Di questa scoperta ne ha parlato Sebastiano Fusco nella scorsa stagione di Stargate. In Internet si possono vederne delle foto alla pagina http://home.fireplug.net/~rshand/streams/science/russcrew.html.
3. Le prove dell'uso di trapani e torni meccanici nel taglio del granito e della diorite nei Templi degli antichi Egizi: Christopher Dunn (ingegnere americano) ha analizzato al microscopio alcuni manufatti ed ha riscontrato superfici lisce al 1/50 di mm, "carote" di trivellazione prodotte con strumenti di taglio sconosciuti e più potenti di quelli utilizzati dall'industria estrattiva odierna (2,5 mm di penetrazione nella roccia ad ogni giro del trapano!). Questi oggetti sono ancora più importanti se si pensa che avevano già suscitato lo sconcerto di W. Flinders Petrie nel 1880, già all'epoca convinto dell'anomalia delle costruzioni egizie. Un dettagliato articolo illustrato da chiare fotografie lo si trova sui N°11-12 di Hera.
4. Gli antichi megaliti: essere riusciti a trasportare ed erigere una statua dell'isola di Pasqua con gli attrezzi primitivi, conclude il discorso sul problema dello spostamento dei enormi massi? Temo proprio di no. Credo che si debba spendere qualche riga in più per discutere sulla (im)possibilità di sollevare blocchi pesanti centinaia di tonnellate su per le alture andine e posizionarli in opera con levigatura e accostamenti millimetrici, usando solo la forza delle braccia e qualche leva di legno (vedi il prof. di tecnica delle costruzioni Alfredo Gennaro, ospite a Stargate).
5. I Dogon del Mali: anche qui forse la soluzione del mistero è un po' troppo affrettata. Oltre al fatto che non si capisce come Griaule e Dieterlen potessero avere conoscenze astronomiche dettagliate su un argomento astronomico così particolare, negli anni '40 (specialmente la sconosciuta Sirio C), non insisto troppo e vi invito a confrontarvi con il lavoro dettagliato di Antonio Bonifacio, studioso di antropologia ed etnoastronomia (ancora Hera N°11-12).
6. La Carta di Piri Re'is: è noto che la precisione delle coste non è quella che voleva far credere Von Daniken, però il punto cruciale è che il contorno del Brasile e dell'Africa occidentale sono posizionati alla corretta longitudine relativa, il che è impossibile nel XVI secolo (fatto di cui ci si dimentica sempre, vedi Bignami su Corriere Scienza) e nessuna carta dell'epoca, disegnata alla scala del planisfero, somiglia nemmeno vagamente a quella dell'ammiraglio turco. Inoltre i contorni della costa sottolineati nella foto da satellite dell'Antartide (pag. 154) sono quelli ghiacciati. Vi segnalo quindi un aggiornamento recente sulla questione, ad opera di Michele Loda, che ha presentato al 1° Simposio Internazionale di San Marino sugli anacronismi storico-archeologici (marzo 2000) una relazione che conferma la somiglianza del contorno di Piri Re'is con il profilo geosismico della costa della Regina Maud.
7. Le Piste di Nazca: il fatto di volare su una mongolfiera (peraltro possibile) non aiuta certo nella realizzazione del disegno a terra, dove invece sono necessarie una buona conoscenza della geometria e della topografia, per rappresentare alla scala desiderata un progetto dato. Ciò che più stupisce, secondo me, sono quegli allineamenti rettilinei che superano inalterati le colline e le valli. La controversia su questo mistero, senz'altro terrestre, sta nell'attribuire la paternità di questi disegni ad una popolazione nomade, presumibilmente priva dei mezzi intellettuali necessari (per non parlare dello scopo di un'impresa del genere).
8. La pila di Baghdad e la placcatura dei metalli: accettare che nell'antichità si producesse corrente elettrica, anche solo di debole intensità, per la deposizione galvanica mi sembra di per sé una tesi rivoluzionaria. Sono passati 11 anni da quando studiavo la storia antica sui libri del liceo, però mi sembra che anche oggi queste siano osservazioni che l'archeologia ufficiale rigetterebbe senza esitazione. Eppure ci sono dei gioielli ancora più straordinari, che sono stati illustrati da Roberto Volterri (archeologo, specializzato in archeometallurgia alla Tor Vergata) al succitato Simposio. Si tratta di monili fenicio-punici del 500 a.C. (studiati al microscopio elettronico e con Microanalisi EDS) avvolti con filamenti metallici dello spessore di 10 mm e altri con delle sferette elettrosaldate.
9. L'opinione di Robert Schoch su Yonaguni: non è possibile che dopo 3 anni si continui a riportare solo il giudizio scettico del geologo americano (oltretutto convinto retrodatatore della Sfinge), visto che, in seguito alle immersioni che ha svolto lui stesso, si è convinto che sul complesso roccioso naturale ci siano segni di attività umana, tali da suggerire l'idea che si tratti di una specie di cava per l'estrazione di blocchi da costruzione.
10. L'ipotesi di Vittorio Castellani su Atlantide in Gran Bretagna: archeologicamente corretta e suggestiva. E' giusto sottolineare l'importanza del nucleo culturale megalitico del nord Europa come fonte originaria di civilizzazione. Però se l'intenzione è quella di proporre un'ipotesi che soddisfi il racconto di Platone, allora lo scopo non è raggiunto, dato che mancano 2 requisiti fondamentali riportati dal filosofo greco: gli Atlantidei erano un popolo di navigatori (cosa che i costruttori di megaliti non erano) e furono coinvolti in una catastrofe naturale improvvisa (che non corrisponde con il graduale innalzamento del livello del mare alla fine della glaciazione).
11. Graham Hancock il più celebre
seguace di Von Daniken: c'è scritto proprio così a
pag. 154. A me risulta che il sempre bistrattato giornalista inglese non
si sia mai permesso di parlare dell'origine extraterrestre delle antiche
civiltà in "Impronte degli dei". Tant'è vero che nella bibliografia
non compare neppure un libro del celebre autore svizzero. Certo, Hancock
ha scritto anche "L'enigma del pianeta rosso" con qualche concessione alla
paleoastronautica, ma il suo vero interesse rimangono i misteri antropologici
e terrestri delle antiche civiltà.
Una breve precisazione sugli UFO (pag. 22-28):
1. Uno dei filmati migliori non citato: dallo Shuttle Discovery nel 1991 vengono ripresi oggetti luminosi che cambiano velocità e direzione.
2. Perché non ricordare la casistica medievale e di epoca romana che annovera dei fenomeni stranamente somiglianti a quelli moderni? I Clipei e le Trabes ardentes.
3. I rapimenti alieni sono controversi, ma il gruppo studiato dallo psichiatra John Mack negli anni '80 non era plausibilmente influenzato da opere di fantascienza certamente posteriori su questo tema. Inoltre la regressione ipnotica sarà inaffidabile ma quel gruppo riportava le stesse esperienze con uno stesso tipo di "alieni".
4. Equilibrata l'esposizione sulle mutilazioni animali: sarebbe meglio ricordare le prove dell'uso di strumenti al laser nel taglio di alcuni tessuti, che di sicuro non sono compatibili con l'ipotesi di riti satanici.
5. I celeberrimi cerchi nel grano: non dimentichiamo che, nei casi autentici, sono state rilevate tracce di disidratazione del terreno ad opera di microonde, alterazioni nei nodi delle spighe di grano, nella crescita delle piante della generazione successiva e altre anomalie.
Permettetemi infine di suggerirvi una mia personale bibliografia che apre nuove prospettive sull'origine della vita e dell'universo e sull'evoluzione delle specie. Si tratta di autori dal notevole bagaglio culturale che stanno avanzando invano nuove ipotesi indigeste alla comunità scientifica internazionale.
- Michael Cremo, Richard Thompson - "Archeologia proibita" - Gruppo Futura: una rassegna fittissima di reperti archeologici anomali e dimenticati negli archivi dei musei e delle biblioteche di tutto il mondo.
- Giuseppe Sermonti - "Dimenticare Darwin" - Rusconi: una critica scientifica alla teoria unificata dell'evoluzionismo post-darwiniano sulla base dei dati biologici e genetici.
- Walter E. R. Cassani, "Albert aveva ragione,
Dio non gioca a dadi" - Demetra: la nuova "Teoria ondulatoria del campo",
proposta dall'autore negli anni '80, capace di superare con estrema semplicità
il dualismo tra meccanica quantistica e relatività generale, riformulando
le ipotesi di base della fisica e il modello cosmologico dell'universo.
Con i più cordiali saluti, in fede,
Gentile redazione,
continuo a scrivervi, per segnalarvi delle
problematiche (credo) importanti, anche se mi farebbe piacere ricevere
per una volta un qualche tipo di risposta.
Mi chiedo con estremo candore: Come si permette Zahi Hawass, con i titoli e le responsabilità che ha, di MENTIRE SPUDORATAMENTE sul peso dei massi delle Grandi Piramidi? E com'è possibile che ancora una volta nessuno abbia il coraggio di controbattere? (nemmeno il prof. Gennaro purtroppo) Sembra che tutto ciò che sentenzia Lui sia verità assoluta. Ma non basta avere passato la vita sulla Piana di Giza per essere esente dal dire delle solenni SCHIOCCHEZZE. Nel filmato vediamo i turisti che passeggiano di fronte ai primi corsi della piramide con i blocchi ad altezza torace o addirittura sopra la testa. Quanto pesa un blocco di quelli? Beh, non meno 20 tonnellate. Infatti nel pietoso filmato della prova di spostamento della pietra, come dice lo stesso Hawass si trattava di un peso di 1,5 t. Penso che il buon Zahi debba andare a riprendersi le misure. Adesso capisco perchè gli piace così tanto la teoria di Diomedi. E poi dice testualmente : "non ci sono prove che questo metodo funzioni, ma non ci sono prove che sia impossibile". Grazie, allora lo stesso discorso vale anche il metodo antigravitazionale e per le astronavi extraterrestri.
Con ciò non vorrei essere frainteso.
Ho il massimo rispetto per il signor Diomedi che ha individuato la soluzione
più semplice avendo a disposizione un certo numero di elementi che
si crede siano quelli giusti. Però il suo metodo non funzionerà
mai con i blocchi da 60-70 t. Ma poi soprattutto COME LI SOLLEVA? Nei modellini
e nella simulazione la pendenza delle rampe è minima. Per arrivare
a 100 m di quota una rampa come quella occupa tutta la piana di Giza! Senza
contare che nulla è stato detto sui modi di messa in opera dei massi.
Ma non basta. Chi l'ha detto che dobbiamo
per forza credere a Erodoto? Quando afferma che gli operai lavoravano alla
piramide solo nei mesi estivi, tutti gli egittologi sono in disaccordo.
Quando dice che la figlia di Cheope si prostituiva per comprarsi le pietre
della propria piramide, nessuno al mondo gli crederà mai. E allora
questi legni corti? Io non sono un grecista e non mi ricordo la traduzione
letterale del pezzo, ma mi sembra che Erodoto dicesse che le pietre venivano
sollevate da un gradino all'altro della piramide con l'uso di legni corti.
Se gli avessero raccontato di binari di trasporto avrebbe scritto tranquillamente
che i blocchi scivolavano su delle lunghe piste.
Incredibile, mi tocca persino essere d'accordo
con Tiradritti, che tra l'altro vede la pagliuzza (mancava il legno nell'Antico
Egitto) e non vede la trave (i pesi, il N° dei blocchi e i tempi di
messa in opera).
Grazie per l'attenzione,
Spettabile redazione di Quark,
è un peccato vedere affrontato (sul
N°12) in maniera così approssimativa e sbrigativa un'argomento
così complesso e intricato come quello dell'egittologia di confine.
D'altronde se si ascolta solo la campana del Dott. Tiradritti è
ovvio che il messaggio che ci arriva è :"tutto a posto, non ascoltate
questi ciarlatani piramidioti".
Ora, dimentichiamo per un attimo le le vostre
indicazioni di tono pedagogico sulle opinioni che è corretto o non
corretto avere (leggo: "tutte le teorie alle quali non bisogna credere").
Sorvolando completamente sulle datazioni
archeoastronomiche e geologiche (che richiederebbero un discorso troppo
lungo e approfondito), sulla numerologia piramidale (che non vale nemmeno
la pena di affrontare) e sul tubo al neon di Dendera (qui bisognerebbe
aprire un dibattito sulla presenza di "oggetti fuori luogo" nella storia
dell'archeologia), vorrei permettermi di ribadire con forza la mia personale
opinione e cioè che il problema della costruzione delle piramidi
NON E' ASSOLUTAMENTE RISOLTO E NON VI SONO PROVE ARCHEOLOGICHE CONCLUSIVE.
Anzi vi sono prove archeologiche note agli
egittologi da più di un secolo (W.F. Petrie) che dimostrano proprio
il contrario.
TAGLIO DELLE PIETRE
Tra i reperti dell'Antico Egitto ci sono
dei manufatti in granito e in diorite la cui realizzazione esula dalle
normali tecniche accreditate alle civiltà di 4500 anni fa. In che
modo venivano squadrati i grandi paralleledipedi che compongono le camere
interne della Grande Piramide o i templi megalitici come quello a Valle
delle Sfinge e dell'Osyreion? Gli scalpelli di rame ribattuto e i martelli
di dolerite non sono strumenti adatti per la squadratura geometrica di
grandi blocchi.
(sorvoliamo anche qui sul modo in cui avete qualificato un programma TV che molto timidamente avanza delle ipotesi alternative: d'altronde non è un peccato in una scienza non esatta come l'archeologia mettere in dubbio le teorie dominanti, specialmente quando sono considerate "informazioni corrette" soltanto per l'età consolidata che hanno e non per la loro dimostrabilità scientifica)
In quella puntata di Stargate, il Dott. Tiradritti
ha affermato che non c'è nulla di strano in quelle perforazioni,
dato che si possono ottenere con un trapano di selce azionato a mano, anzi
più lento è il trapano meglio penetra nel granito (mi piacerebbe
proprio vedere queste cose fatte nella realtà). Sono forse queste
le teorie strampalate cui si riferisce la Dott. Salvatori a pag.53?).
Esiste poi una carota, conservata come dicevo
al Museo Petrie di Londra, accuratamente misurata da Dunn, che ha confermato
il passo sorprendente della spirale di taglio.
Non è tutto. Vi è una strana produzione di vasellame in diorite, basalto e quarzo rinvenuta a Saqqara e a Naqada, risalente ad epoca predinastica (4000 a.C.). Diverse coppelle sono incise con iscrizioni nettissime spesse 0,16 mm (prodotte perciò con punte resistentissime da 0,12 mm). Vasi, anfore e altri oggetti comuni sono arrotondati e modellati con simmetria in un modo che si può ottenere solo con la lavorazione al tornio: mostrano le cuspidi tipiche che rimangono sul vaso quando lo si lavora al tornio, presentano superfici perfettamente levigate (allego FOTO). Alcuni recipienti hanno un elegante collo allungato e sottilissimo, e sono internamente cavi: questo significa che la roccia è stata scavata da fuori, attraverso un’apertura che non permette nemmeno il passaggio di un dito, un’operazione che anche oggi è semplicemente impossibile.
TRASPORTO DEI BLOCCHI
I metodi di costruzione uffciali delle Piramidi
di Giza presentano ancora dei problemi insormontabili.
Il piano inclinato e le slitte non sono l'unica
soluzione possibile, sono l'unica idea apparentemente razionale, dando
per scontato i mezzi e le tecniche a disposizione dell'Antico Regno. Insistere
su questa ipotesi può comunque portare a dei risultati irrazionali.
Negli ultimi 20 anni non si è fatta molta strada e nessuno, che
io sappia, è riuscito a fare delle prove in vera grandezza di trasporto
e sollevamento dei massi più grandi. Solo delle prove su modellini
o con piccoli blocchi di mezza tonnellata, tipo quelli mostrati da Zahi
Hawass nei documentari televisivi.
Non basta il modello in scala e fare le moltiplicazioni:
se 5-6 persone tirano un masso di 1 tonnellata, 500 persone non riusciranno
a tirarne uno di 100 t. La distribuzione delle forze , degli attriti con
il terreno, la logistica del movimento è completamente diversa (non
parliamo dei blocchi peruviani di 200-300 t, trasportati per centinaia
di chilometri su terreno impervio).
Oggi egittologi quotati ritengono logico
che una squadra di 10-15 persone sollevi agevolmente un peso di circa 3
tonnellate (la maggioranza dei blocchi delle piramidi) su per una rampa
di 5-6°. A me risulta che un risultato del genere lo si può
ottenere solo barando spudoratamente sul coefficinete d'attrito dinamico
delle superfici a contatto (m) e sulla forza/uomo della manodopera. Alcuni
autori non esplicitano nemmeno questi dati, alcuni stimano un valore
di m di 0,15 (ordine di grandezza logico per legno che striscia su metallo),
e la forza procapite in 50-100 kg.
Io ritengo umilmente che dei valori realistici
siano m =0,3 e F=25 kg (tenendo conto di uno sforzo ininterrotto di un'ora)
dai quali risultano necessari 50 uomini.
(Se poi vogliamo applicare questi calcoli
alla rampa disegnata a pag. 60 (irrealistica e pericolosissima: non meno
di 30° di inclinazione) si arriva quasi a 100)
I blocchi più pesanti, da 60-70 t,
posti a 100 m di altezza nella piramide di Cheope, non possono essere mossi
da meno di 1000 persone (per le quali oltretutto non c'è spazio
di manovra attorno agli angoli retti delle rampe avvolgenti).
Inoltre superate queste enormi difficoltà
una sola volta, bisogna mettere in conto di riuscire a rifarlo almeno 2
milioni di volte e ad un ritmo forsennato: oggi nessun egittologo si stupisce
del fatto che la piramide sia stata costruita al ritmo di un blocco posto
in opera ogni 2 minuti circa.
Permetettemi quindi, nella mia presunzione, di non credere a questa teoria. Se questo è il miglior risultato della logica e della razionalità applicata allo studio dell'Antico Egitto, sinceramente attendo qualcosa di meglio.
Cordialmente,
un Piramidiota
Gentile Spettabile redazione di Focus,
Egregio sig. Massimo Polidoro,
non vorrei che il clima geopolitico degli
ultimi mesi favorisse le prese di posizione integraliste, anche in campo
scientifico. Sono molto colpito dalla rapidità e dalla convinzione
con cui Massimo Polidoro ha liquidato il "mistero" di Yonaguni in poche
righe. Soprattutto perchè dai tempi del N° 71 di Focus (in cui
si accennava alla scoperta con una certa apertura mentale) non vi è
stato nessun mutamento nella discussione sulla possibile attribuzione della
formazione rocciosa all'opera umana (gli scettici e i possibilisti di allora
sono rimasti tali anche oggi). Persino nel bollettino del CICAP del 1998,
veniva riportata la presa di posizione di Robert Schoch, per lo meno nella
sua versione completa, in cui egli ammette la possibilità che potesse
trattarsi di un'antica cava.
Invece nell'articolo di Focus di ottobre
apprendiamo che "gli studiosi hanno determinato [che precisione...
] che sotto il mare di Yonaguni non c'è un nuovo mistero archeologico".
E chi lo dice? Wolf Wishmann e Robert Schoch.
Tralasciamo pure il fatto che quelle affermazioni
di Schoch risalgono ormai a 5 o 6 anni fa, e sono monche della parte fondamentale
di cui sopra. Non comprendo poi quest'affezione del CICAP verso l'opinione
del geologo americano che, ricordiamolo, è la stessa persona sposterebbe
l'età della Sfinge di almeno 5000 anni (argomento sul quale immagino
abbia torto, secondo voi!). Trovo soprattutto scorretto che non venga neppure
citata l'opinione del maggiore studioso della struttura giapponese: il
dott. Masaaki Kimura, che forse ha fatto qualche immersione in più
di Wishmann, e guarda caso è un geologo anch'egli. Vogliamo dare
anche a lui la dignità di studioso, signor Polidoro?
Per quanto riguarda la naturalità
di Yonaguni, il fatto che sia un corpo unico non formato da blocchi non
è certo condizione sufficiente a dimostrare che è naturale.
Dalla mia modesta posizione di ingegnere ambientale con infarinatura di
geologia, inviterei ogni geologo di questo mondo ad osservare attentamente
le figure seguenti e farsi un'opinoine spassionata:
Grazie per l'attenzione,ing. Mauro Quagliati
Ora, è pacifico che tutti
gli organismi possiedano il medesimo codice genetico universale, che condividano
gran parte del patrimonio genetico e che i fossili testimonino una lunghissima
successione/trasformazione/evoluzione delle forme viventi da mezzo miliardo di
anni a questa parte. Si tratta di evidenze incontrovertibili, che nessuno mette
in dubbio, nemmeno i pontefici, gli intelligent designers e il prof. Roberto De
Mattei tacciato di creazionismo. Costoro contestano piuttosto che tutta la
biodiversità, presente e passata, sia spiegabile nei termini di una
semplicistica filosofia naturale ottocentesca e di un paradigma scientifico
rimasto immutato da circa 80 anni. Questa critica non solo è legittima, ma
perfino doverosa in base al criterio di razionalità di cui voi siete
portabandiera. Ripetiamo alla nausea che il metodo scientifico prevede che una
teoria incapace di fornire spiegazioni dei fenomeni vada sostituita con
un'ipotesi nuova. Ma questo non succede all'evoluzionismo.
Vediamo nel dettaglio. I
principi base della "teoria dell'evoluzione" sostengono che:
- lo scambio sessuale dei corredi genetici, ma
soprattutto le mutazioni genetiche
(nella formulazione neo-darwiniana) produrrebbero una grande varietà dei
caratteri (fenotipi);
- l'intervento continuato su tempi geologici della selezione naturale determinerebbe il
successo degli individui dalle caratteristiche più utili e vantaggiose,
determinando divergenze morfologiche e fisiologiche tra le specie tramite la
loro accumulazione progressiva.
Il darwinismo postula quindi
l'esistenza di infiniti stadi intermedi tra tutte le categorie tassonomiche. La
verifica di questa ipotesi era un serio problema che Darwin rinviò ai posteri:
"Certo è che la geologia non rivela una
catena organica perfettamente graduata; e questa è forse la più ovvia e seria
obiezione che si possa fare alla mia teoria" (1872). Tuttavia i paleontologi
moderni non hanno dipanato gli ipotetici alberi filogenetici lineari e
progressivi che procedono dall'indifferenziato al complesso, invece si sono
accorti che "molte specie e generi
compaiono improvvisamente nella documentazione [paleontologica], differendo in
modo notevole e multiplo da un gruppo più antico qualsiasi" (G.G. Simpson
1950). Le discontinuità e i vuoti crescono salendo la gerarchia tassonomica,
divenendo sostanziali al livello dei tipi strutturali (Phyla) che sono comparsi
tutti circa 500 milioni di anni fa, senza precursori. La paleontologia quindi, come notava
Stephen J. Gould, "ha messo in
discussione con grande vigore la premessa darwiniana che sia possibile spiegare
le trasformazioni principali della vita sommando, attraverso l'immensità del
tempo geologico, i minuscoli cambiamenti successivi prodotti generazione dopo
generazione dalla selezione naturale".
L'interpretazione
evoluzionista mette il biologo di fronte alla difficoltà di spiegare il
passaggio delle forme da uno stato di equilibrio ad un altro, attraverso stadi
di impossibilità anatomica e fisiologica. E il merito di questa spinta al
cambiamento andrebbe attribuito ad un principio tipicamente conservativo quale è
la selezione naturale? Infatti ciò
che accade in natura è che gli individui anormali, i deboli, gli sfortunati, i
"mostri" vengono "crudelmente" eliminati, a favore della salute complessiva
della specie. L'avvento della genetica - posteriore a Darwin - spostò
l'attenzione della biologia dalle forme di vita ai suoi costituenti
fondamentali, nei quali si pensò di trovare una migliore comprensione dei
meccanismi evolutivi (intuizione infelice: basta pensare al fenomeno della
metamorfosi per rendersi conto che le grandi differenze morfologiche non sono
genetiche).
Invece le leggi
dell'ereditarietà non hanno facilitato le cose, anzi, si è scoperto che la
riproduzione sessuata è un altro processo che normalizza le popolazioni e
mantiene stazionario il pool dei caratteri della specie tramite la
ricombinazione degli alleli. Quindi non è affatto chiaro il motivo per cui gli
individui "anomali" debbano avere maggior probabilità di lasciare prole
rispetto alla media del gruppo, a parte nel caso de deriva genetica per
isolamento geografico, che però difficilmente può essere considerata il "motore"
dell'evoluzione poiché non produce forme nuove e "anelli di congiunzione", ma
versioni specializzate e limitate della specie d'origine. Negli anni '30 i
genetisti che elaborarono la "sintesi moderna" (tra darwinismo e mendelismo)
individuarono nella mutazione
l'input creativo della diversità genetica, facendo assurgere la genetica di
popolazione a disciplina principe della biologia evoluzionistica. In realtà
questa branca della scienza si occupa della microevoluzione, cioè delle
variazioni nella frequenza dei caratteri secondari delle specie (le "varietà",
le razze) sottoposte a pressioni ambientali, e la sua applicabilità al dominio
della macroevoluzione (transizioni di specie, ordini, classi, ecc...) attende
ancora di essere dimostrata.
La biologia molecolare infine ha mostrato
sperimentalmente che la mutazione genetica è un fenomeno marginalissimo che
produce quasi esclusivamente degenerazione oppure mutazioni neutrali (il cui
esito è irrilevante dal punto di vista adattativo). Gli errori di copiatura sono
fenomeni indesiderati contro i quali la natura si difende, a livello organico
proprio grazie all'azione della selezione naturale e del rimescolamento sessuale
(!), a livello cellulare tramite la ridondanza del codice genetico e meccanismi
di riparazione del DNA (la cellula è in grado di ripristinare la corretta
sequenza nucleotidica in seguito al verificarsi di mutazioni!). Ma quand'anche
si volesse credere per forza alle fantomatiche mutazioni "favorevoli", l'idea di
un'accumulazione positiva di questo genere di variazioni casuali era già
improbabile quando credevamo al dogma
centrale della biologia (relazione lineare, biunivoca e unidirezionale tra
gene e proteina). Oggi invece la citogenetica ha scoperto l'incredibile
complessità molecolare che media l'espressione dei geni, il DNA non appare più
come il "software" della vita, ma piuttosto assomiglia a un blocco di appunti,
su cui i ribosomi operano con piena "cognizione di causa". Per cui un simile
modo di procedere "alla cieca" da parte della natura appare assolutamente
inspiegabile e irrazionale. Nonostante questo, la divulgativa "mainstream"
continua imperterrita a sostenere che tutta la variabilità biologica è il
risultato dell'accumulazione favorevole di errori di stampa, il che è come dire
che partendo da poche frasi di senso compiuto una scimmia può produrre tutta la
letteratura del mondo cambiando a caso le sillabe e le lettere
dell'alfabeto.
La situazione è quindi
surreale: se il meccanismo di base è latitante e le prove fossili non esistono,
cos'è mai questa Teoria
dell'Evoluzione? E' purtroppo una bizzarra e pervasiva filosofia naturale a
cui bisogna credere obbligatoriamente. Una teoria scientifica è un enunciato
basato su grandezze misurabili, formulato matematicamente, con capacità predittiva dei fenomeni
naturali e suscettibile di essere confermato o confutato sperimentalmente.
L'evoluzionismo (classico o neo-darwiniano) non possiede questi requisiti poiché
si fonda sull'affermazione tautologica e inconfutabile che "gli individui più adatti di una popolazione
(definiti come quelli che lasciano più discendenti) lasceranno più discendenti"
(Conrad H.Waddington). In pratica accade questo: per un evoluzionista, tutti
i caratteri manifesti (fenotipi) delle specie sono il risultato di un
adattamento per selezione naturale. Ciò da un lato rappresenta una spiegazione
auto-evidente della natura di nessuna utilità operativa: ogni specie è
evidentemente "adatta" al suo ambiente secondo la propria forma e funzione, pena
l'estinzione (chi ha mai osservato individui e specie che trascinano
un'esistenza infelice e "disadattata"?). Questo fatto è stato stigmatizzato
giustamente da Richard C. Lewontin: "Il
programma adattazionista fa dell'adattamento un postulato metafisico, non
soltanto impossibile da confutare, ma necessariamente confermato da ogni
osservazione".
Poi, una volta sancito
l'ovvio, l'evoluzionismo si è autoconvinto che non vi sia nient'altro da
spiegare, mascherando l'ignoranza dei processi formativi fondamentali con la
panacea della selezione (per non parlare dei "misteri" per i quali non esiste
nemmeno l'ombra di una spiegazione scientifica, come l'ereditarietà dei
comportamenti innati - ad es. la
tela del ragno, il canto di certe specie di uccelli, l'organizzazione
intelligente degli insetti sociali). La spiegazione ultima di ogni fenomeno
naturale è quindi nient'altro che un atto di fede: "la Selezione e/o il
Caso l'hanno fatto così". La biologia
darwiniana è una forma di teologia naturale in cui al posto di Dio si è
sostituito un demiurgo materialista. Di questa situazione incredibile si rese
conto perfino Julian Huxley, uno dei padri del neo-darwinismo: "La dimostrazione
sulla carta che un
carattere fatto così e così era o poteva essere adattativo, veniva considerato
da molti scrittori come prova sufficiente che esso dovesse la sua origine alla
selezione naturale. Gli studi sull'evoluzione divennero sempre più dei puri
trattati di casistica e di adattamenti reali o supposti. Il darwinismo
dell'ultima parte del secolo XIX
giunse a ricordare la scuola di Teologia naturale della prima parte dello stesso
secolo. Paley redivivus, si potrebbe dire, ma filosoficamente capovolto, con
la Selezione Naturale al posto dell'Artefice Divino, come Deus ex
machina".
Questo accade perché la Selezione Naturale non
è un elemento materiale e misurabile, ma un criterio di scelta astratto. Ne
"L'Origine delle specie" l'idea di un Ente che opera sempre per il bene della specie forgiando in ogni
individuo i caratteri più adatti e utili, fu ispirata dall'analogia
con la selezione artificiale degli allevatori sulle specie canine, la quale è
evidentemente direzionale. Ciò introdusse inevitabilmente un principio
teleologico antropomorfico in tutta la trattazione successiva. Su questo aspetto
è davvero stupefacente scoprire che fu lo stesso Darwin a ritrattare nel 1871:
"nelle prime edizioni della mia "Origin of
Species" ho probabilmente attribuito troppo all'azione della selezione naturale
e della sopravvivenza del più adatto" Non avevo allora considerato a
sufficienza l'esistenza di molte strutture che sembrano non essere, per quanto
possiamo giudicare, né benefiche né dannose; e questo credo sia una delle più
grandi sviste sinora trovate nel mio lavoro".
Oggi si ammette
tranquillamente che le ipotesi fondamentali adottate da Darwin per spiegare
l'evoluzione (l'abiogenesi dei microrganismi, la trasmissione dei caratteri
acquisiti, il gradualismo) sono superate. Invece rimane salda più che mai la
credenza che venne messa in dubbio dal padre stesso della teoria. L'onnipotenza
della Selezione e del Caso sono tuttora il fulcro di una filosofia
ultra-darwiniana - che il prof. Ajmar sembra condividere - secondo cui perfino
le strutture culturali umane sono il prodotto della selezione naturale (leggasi
Richard Dawkins o Luigi Cavalli Sforza).
Dal saggio ripensamento di
Darwin ci separa un lungo sonno secolare della scienza durante il quale
ricercatori rimasti sostanzialmente inascoltati hanno intuito il vicolo cieco in
cui la biologia si era infilata e hanno indicato possibili strade alternative.
Tra questi cito alcuni dei più famosi: Giovanni Schiapparelli, Adolph Portmann,
Karl Ernst von Baer, Hans Driesch, Daniele Rosa, D'arcy W. Thompson, René Thom,
Antonio Lima-de-Faria, Giuseppe Sermonti, Roberto Fondi, Giovanni Monastra. Le
idee di questi scienziati hanno contribuito alla scuola della cosiddetta
biologia organicista o strutturalista, la quale sostiene che le leggi
costitutive e dello sviluppo delle forme viventi vanno ricercate a livello
organico complessivo e non genetico (i geni si occupano soltanto di fissare e
conservare caratteri secondari e derivati). In questo filone spicca l'opera
pionieristica di Antonio
Lima-de-Faria (citogenetista riconosciuto a livello internazionale e di
dichiarata impostazione materialista) che nel suo volume "Evoluzione senza Selezione", nega
decisamente che siano mai avvenute le ipotetiche transizioni morfologiche per
selezione e propone il principio dell'Auto-evoluzione di forma e funzione.
Questo approccio è maturato dalla scoperta della capacità di auto-assemblaggio
delle macro-molecole organiche e dallo studio comparativo delle omologie tra le
forme minerali, vegetali e animali. Per Lima-de-Faria l'evoluzione sarebbe un
fenomeno intrinseco alla materia, risultante dalla concatenazione ininterrotta
delle leggi fisico-chimiche dei tre "regni", nella quale i geni si sono inseriti
alla fine, introducendo nel sistema la memoria e l'informazione. Forse che gli
elettroni competono fra di loro per occupare i posti migliori negli orbitali?
No, occupano automaticamente le configurazioni energetiche di equilibrio. Come
la chimica ha scoperto la periodicità degli elementi e la cristallografia rivela
configurazioni geometriche vincolate dalle forze elementari e dalle leggi
matematiche, anche le funzioni biologiche appaiono periodicamente nelle ere
geologiche e le forme viventi
presentano solo strutture compatibili con le leggi fisiche e l' "impronta" dei livelli evolutivi
sottostanti.
Questo è il terreno di un
possibile progresso scientifico in biologia, che passa da un inevitabile
mutamento di paradigma (passaggio obbligatorio di tutte le grandi rivoluzioni
scientifiche della storia). Al contrario, difendere oltre ogni evidenza il dogma
neo-darwiniano è una posizione che verrà ricordata nella storia come quella dei
teologi che non potevano ammettere la teoria eliocentrica perché in contrasto con la tradizione
aristotelica.
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